"Una questione di Tempo" - Racconto breve di Oreste Arena

Un triste giorno, un uomo solitario deluso della sua esistenza, sentendosi respinto da tutti, chiese al Signore che si riprendesse la sua inutile vita, poiché nella sua disperazione desiderava la morte. Pianse quell’uomo, mentre il tempo scorreva inesorabilmente e la sua anima sprofondava nel dolore; …ma Dio (persino Lui!) non rispose.
Allora, per scacciare l’angoscia e la solitudine che sempre più lo attanagliavano, soffocandogli l’esistenza, decise di uscire di casa, girovagando senza meta. Giunto sul portone di una chiesa vi entrò, sperando di potervi incontrare una persona che lo aiutasse.
Si guardò intorno finché, nella penombra, gli sembrò di scorgere qualcuno dall’aspetto familiare che lo stava osservando. …Era il Crocifisso! Lo guardò meglio, strofinandosi gli occhi. Gli sembrava di vederlo per la prima volta. Eppure lo sentiva così simile a sé, così solitario nella sua muta e angosciata sofferenza, che avrebbe voluto abbracciarlo, consolarlo, ma al tempo stesso essere accolto, abbracciato e consolato da Lui, l’unico che avrebbe potuto comprenderlo e aiutarlo, l’unico al quale poter confidare - quasi cedere - il proprio dolore, come si farebbe con un amico o un fratello. Guardandolo fisso, gli parve persino di riconoscersi nell’immagine del Crocifisso, come se stesse vedendo la propria immagine riflessa in uno specchio. Poi, ad un tratto, gli sembrò di udire anche la sua voce:
“…Ma come, solo ora ti accorgi di me? Solo adesso capisci quanto sono solo e che angoscia provo? E quanto desidero aiutarti. …Oh, se solo me lo chiedessi! …Eppure sono qui da tanto tempo, da molto prima che tu nascessi. …Ora che sei un po’ più maturo e che capisci di somigliarmi, vorresti abbracciarmi. Ma lo sai che puoi farlo ogni volta che lo desideri? In ogni momento della tua giornata? In ogni situazione della tua vita? …Corri fuori della chiesa e guarda!”.
L’uomo, in lacrime, uscì dalla chiesa e corse in strada, giusto in tempo per scorgere un barbone, triste e solitario che, semi-ubriaco, si allontanava barcollando. Quel povero derelitto, portava dentro di sé un dolore così pesante e una desolazione così grande che la gente, troppo chiusa nel proprio egoismo, troppo distratta, superficiale e frettolosa, non riusciva a scorgere. Un dolore proprio come il suo, …proprio come quello di Gesù!
Avrebbe voluto seguirlo per capire dove era diretto e quali fossero le sue abitudini e i suoi bisogni, per cercare di alleviare almeno un poco le sue sofferenze. Era sicuro che anche lui avrebbe fatto la stessa cosa nei suoi confronti, se solo avesse avuto il coraggio di guardarlo negli occhi, fino in fondo al cuore…
Piangendo, l’uomo ritornò a casa sua. Ma non pensava più alla morte; la vita, qualunque vita, meritava molto più rispetto e considerazione, compresa la sua! Da domani l’avrebbe spesa in un modo migliore. Per sé e per il prossimo.
Ne aveva tutto il tempo…

 


“Bisogna uniformarsi al divino volere non solo nelle cose avverse che ci vengono direttamente da Dio, come sono le infermità, le desolazioni di spirito, la povertà, la morte dei parenti e simili; ma ancora in quelle che ci vengono per mezzo degli uomini, come sono i dispregi, le infamie, le ingiustizie, i furti, e tutte le specie di persecuzioni. In ciò bisogna intendere che quando noi siamo offesi da qualcuno nella fama, nell’onore o nei beni, benché il Signore non voglia il peccato di costui, vuole nondimeno la nostra umiliazione, la nostra povertà e mortificazione”.

Alfonso Maria de’ Liguori

 

Si ringrazia Oreste Arena, lettore istituito della parrocchia, per questo contributo.

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